Pedofilia nella Chiesa? L’Italia se ne frega

Dopo gli Stati Uniti, la Germania, l’Australia, l’Olanda, il Belgio, l’Irlanda, il Canada, la Francia, la Spagna, il Portogallo anche la Svizzera ha avuto il coraggio e la forza di realizzare un’inchiesta per ricostruire quanto e come il fenomeno criminale della violenza sui bambini e le bambine sia diffuso nella Chiesa cattolica. E l’Italia?

Nei giorni scorsi i media elvetici hanno diffuso i risultati di una ricerca condotta da storici e storiche dell’Università di Zurigo (UZH) su mandato delle autorità ecclesiastiche, dalla quale risulta che oltre 900 persone hanno subito abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica in Svizzera negli ultimi 70 anni.

In assenza di cifre ufficiali “istituzionali”, personalmente ho realizzato una lunga inchiesta giornalistica – lavorando oltre un anno su fonti giornalistiche, documenti, testimonianze, sentenze passate in giudicato etc – dalla quale è emerso che in Italia negli ultimi 23 anni le vittime accertate di preti pedofili sono state almeno 516. E questo dato, che messo a confronto con quello svizzero dovrebbe far riflettere, non comprende le incalcolabili (migliaia e migliaia?) vittime di pedopornografia online.

La mia indagine giornalistica conferma quanto scoperto e accertato prima di me dall’associazione Rete L’abuso, unica realtà della società civile nel nostro Paese che si occupa di tutela dei diritti delle vittime di preti violentatori.

Nel libro “Chiesa e pedofilia. Il caso italiano” (2014) ho ricostruito con l’ausilio di storici, magistrati, avvocati, statistici e altri professionisti in diverse discipline, la storia della pedofilia di matrice clericale dalla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 al primo anno di pontificato di Bergoglio.

Ebbene, per farla breve (il libro è composto da circa 280 pagine), questo crimine attraversa indisturbato – tranne alcuni clamorosi casi di indignazione popolare all’inizio del Novecento – la storia d’Italia senza soluzione di continuità.

Né lo Stato, tanto meno la Chiesa hanno mai avvertito la necessità – o meglio, il dovere – di indagare a fondo come è avvenuto in tanti altri Paesi. Come mai?

La pedofilia (termine improprio, va detto) è definita dalla moderna psichiatria “un omicidio psichico” e allora perché, mi chiedo, le nostre istituzioni e la Conferenza episcopale (tanto solerte a fare la morale ai “normali” cittadini…) fanno finta di non sapere quali e quanti benefici porterebbe non solo alle vittime, ai sopravvissuti e alle loro famiglie ma anche all’intero tessuto sociale far sentire una presenza concreta a difesa dei bambini e una reale volontà di fare chiarezza?

Ma soprattutto – essendo le tare ideologiche della Chiesa cattolica ben note, a partire dalla “confusione” tra peccato e reato – perché uno Stato, per di più laico per Costituzione, non si impone l’obbligo di mettere un punto alla inconcepibile libertà d’azione di cui godono le gerarchie ecclesiastiche in virtù del Concordato, e, a partire da dati scientifici e dalla conoscenza profonda del fenomeno e della sua diffusione, non inizia una seria attività di prevenzione di questo crimine violentissimo contro le persone più indifese di una qualsiasi società civile?

Dove sono i sedicenti difensori dei bambini che urlavano “E allora Bibbiano?!” quando i sospetti di stupro e violenza psicologica portano un crocifisso al collo?

Eppure non sono mancate le sollecitazioni anche a livello internazionale.

L’Italia ha ratificato la Convenzione di Lanzarote sulla tutela dei minori ma questa è disapplicata proprio nelle parti che richiedono maggior attenzione sulle professioni più a rischio perché sovente a contatto con i bambini. Un esempio? A differenza di altri, i sacerdoti o chi fa volontariato in ambito religioso e laico non ha l’obbligo di presentare il cd. certificato antipedofilia – con il quale si dimostra di non avere condanne per reati di natura “sessuale” – al datore di “lavoro”.

Non solo. Dal 2018 giacciono inascoltati i rilievi dell’Onu per le reiterate violazioni da parte dei vari governi italiani della Convenzione sui diritti dell’infanzia e della adolescenza.

L’elenco dei rilievi è lungo, nell’immagine in apertura ne potete leggere 3, ma di mettere le cose a posto non se ne parla. Anche perché i media non ne parlano, ma di questo ci occuperemo in seguito.

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– I rilievi dell’Onu all’Italia (fonte) –

Con riferimento alle sue precedenti raccomandazioni (del 2011, ndr) sul diritto del bambino alla libertà e contro tutte le forme di violenza nei suoi confronti e prendendo atto dell’obiettivo 16.2 dello sviluppo sostenibile degli obiettivi, il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza raccomanda all’Italia di:(a) Adottare, con il coinvolgimento attivo dei bambini, un nuovo piano nazionale per prevenire e combattere l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e assicurarne l’uniforme implementazione su tutto il suo territorio e a tutti i livelli di governo;

(b) Istituire una commissione d’inchiesta indipendente e imparziale da esaminare tutti i casi di abuso sessuale di bambini da parte di personale religioso della Chiesa cattolica;

(c) Garantire l’indagine trasparente ed efficace di tutti i casi di violenza sessuale presumibilmente commessi da personale religioso della chiesa cattolica, il perseguimento dei presunti autori, l’adeguata punizione penale di coloro che sono stati giudicati colpevoli, e il risarcimento e la “riabilitazione” psichica delle vittime minorenni, comprese coloro che sono diventate adulte;

(d) Stabilire canali sensibili ai bambini, per i bambini e altri, per riferire sulle violenze subite;

(e) Proteggere i bambini da ulteriori abusi, tra l’altro assicurando che alle persone condannate per abuso di minori sia impedito e dissuaso il contatto con i bambini, in particolare a livello professionale;

(f) Intraprendere tutti gli sforzi nei confronti della Santa Sede per rimuovere gli ostacoli all’efficacia dei procedimenti penali contro il personale religioso della Chiesa cattolica sospettato di violenza su minori, in particolare nei Patti lateranensi rivisti nel 1985, per combattere l’impunità per tali atti;

(g) Rendere obbligatorio per tutti, anche per il personale religioso della Chiesa cattolica, la segnalazione di qualsiasi caso di presunta violenza su minori alle autorità competenti dello Stato italiano;

(h) Modificare la legislazione che attua la Convenzione di Lanzarote in modo da garantire che non escluda il volontariato, compreso il personale religioso della Chiesa cattolica, dai suoi strumenti di prevenzione e protezione.

In merito alla violenza di genere.

22. Il Comitato attira l’attenzione dello Stato italiano sull’obiettivo 5.2 degli Obiettivi di sviluppo e lo sollecita a:

(a) Garantire che le accuse di crimini legati alla violenza di genere, compresa la tratta di bambini stranieri, in particolare le ragazze, siano accuratamente indagate e che i responsabili siano consegnati alla giustizia;

(b) Fornire regolari corsi di formazione per giudici, avvocati, procuratori, forze di polizia e altri gruppi professionali pertinenti su procedure standardizzate, di genere e di allerta per i minori per quanto riguarda le vittime e su come gli stereotipi di genere da parte il sistema giudiziario influisca negativamente sulla rigorosa applicazione della legge;

(c) Garantire la “riabilitazione” dei minori vittime di violenze di genere.

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